NODUS CONCURSIONIS TEMPORIS

L’idea di fondo

Quando hai una sensazione e questa è forte e ricorrente, diventa un chiodo fisso.
Una convinzione.
Ebbene, la mia convinzione viene da lontano ed è da parecchio tempo, per me, costante oggetto di studi ed osservazioni. Ma andiamo per ordine…

Ci sono sempre stati dei posti dove l’uomo ha avuto particolari esperienze. Lì sono nati i luoghi di culto, dal menhir alla grande cattedrale passando per tutti i vari ed innumerevoli costrutti di ogni tempo e cultura. Le religioni hanno codificato questi fenomeni creando delle strutture coerenti con quelle umane per poter arrivare a tutti con semplicità. Molte religioni, poi, hanno goduto di momenti di grande rivelazione, come ad esempio il Cristianesimo, anche se non sono mai state lasciate senza manifestazioni e prodigi ricorrenti.

Nelle isole Orcadi, nel nord della Scozia, ci sono menhir che, si diceva, “cantassero”; altri che in certe particolari notti si muovevano per arrivare all’acqua o mutavano forma.
In certe zone cristiano-cattoliche ci sono ricorrenti apparizioni mariane.
Le manifestazioni dell’arcangelo Michele hanno fatto sorgere dei santuari molto particolari: in Francia, Mont Saint-Michel è su un’isolotto roccioso circondato da sabbia e sabbie mobili,  in una zona di marea dove l’acqua del mare avanza e si ritira per diversi chilometri governata dalle fasi lunari.

In Italia, in Piemonte, la Sacra di San Michele è un’ardita costruzione su uno sperone roccioso a strapiombo sulle valli, mentre il santuario di San Michele in Puglia è scavato all’interno della roccia e si raggiunge scendendo dentro di essa come a seguire il percorso verso il regno dei morti di memoria greca.
E se andiamo a localizzare questi tre santuari su una carta geografica, ci accorgiamo che sono pressoché allineati. Un po’ come i più importanti santuari francescani…  E vogliamo parlare dell’acqua? Viene subito in mente Lourdes, ma quante acque sacre, miracolose, terapeutiche, proibite, si sono trovate e si trovano tuttora in ogni parte del mondo?

Non pensiamo al pianeta Terra, ma all’Universo. Pensiamo a questo universo ancora in espansione sotto quella spinta energetica da cui è scaturito. E pensiamo a quella forza che ancora non si è esaurita, che si sta allargando in ogni direzione e che, avanzando, crea materia, spazio e tempo. Sì, perché l’universo non si sta espandendo nello spazio, ma sta creando lo spazio/tempo agendo in uno scenario forse per noi inconcepibile. Allora immaginiamo questa dinamica come una mano che si apre, l’irradiarsi di una forza vitale… l’elaborazione di uno scenario secondo un pensiero. Ci sono in campo molti fattori, ma, fondamentalmente, è un’energia a guidare il tutto. Allora, così come ogni essere vivente ha in sé dei sistemi che gli forniscono energia per la sopravvivenza (sistemi circolatori, linfatici, digestivi) anche l’Universo ne possiede. Si tratta di radiazioni, fusioni nucleari e flussi di forze contenuti nella materia. Semplicisticamente, potrei dire che il mio pensiero sulla sfera, costruisce la sfera a mano a mano che la focalizza e, in questa fase, la permea.
Se facciamo diventare questa sfera il nostro pianeta, avremo della materia interagente con la chimica tenuta assieme da una rete energetica duttile e malleabile. L’acqua è un ottimo conduttore e, laddove ne entri in contatto, si carica di questa energia assumendo proprietà “miracolose”. I flussi energetici seguono percorsi più o meno profondi, più o meno lineari. Nei punti in cui si incontrano, l’energia è più forte. Quello è il “nodus“.

Nodus Concursionis Temporis, nel nostro contesto territoriale e storico, è il termine latino con il quale è stato definito da quei primi esseri umani venuti a conoscenza di questo enorme e misterioso potere. Sicuramente, in altre parti del mondo, è indicato da altri termini coerenti con le specifiche culture. Nella nostra epoca, alla luce delle teorie di Jung, si potrebbe definire “Nodo Sincronico“.

Ma a parte le definizioni, rimane la sostanza di questo potere misticizzato, a volte demonizzato, comunque incompreso.  E terribile a causa di quelle manifestazioni che si materializzano da esso nel momento in cui la psiche di uomini e donne entrano in contatto con un semplice flusso di forza o con un “nodus“.
Avere questa conoscenza significa sapere che non esiste un destino. Sapendo come interagire con il “nodussi possono valutare delle strade da prendere in funzione del nostro agire e delle azioni degli altri. Nel “nodus” non si vede il futuro, ma delle possibilità lineari che potranno comunque variare: la “concursio temporis“, per l’esattezza.
Nel piccolo, possiamo fare il paragone con i nostri pensieri: generano situazioni.

Pensieri diversi interagiscono tra loro. Quando elaboriamo un piano, un proposito, un’azione, al variare di una condizione rielaboriamo il tutto dando vita ad un nuovo scenario.
In grande, vedendo l’universo come un pensiero, resta facile capire come anche la più insignificante variazione generi cambiamenti su tutto.

Il Libro aperto

Le basi storiche del libro

Far combaciare un’opera di fantasia con una realtà storica è sempre una sfida stimolante. E’ come ricombinare un filamento di DNA. Solo che i materiali con cui si lavora sono fatti e personaggi.

In virtù di questo, molti personaggi sono reali e qualcun altro di fantasia. I riferimenti ed i fatti sono quasi tutti veri. Alcune licenze le ho prese per esigenze narrative.

Sembrerà strano, ma il lavoro più grosso è stato la ricerca di riferimenti calzanti e ponderati dell’Antico e Nuovo Testamento e dell’apocrifo Vangelo di Tommaso.

La lettera di Clemente V è inventata, ma, al di là di qualche aggiunta narrativa, riporta i temi basilari su cui s’impernierà il Concilio di Vienne. Lo stile è ripreso dal testo originale degli atti dello stesso Concilio di Vienne.

La lettera di Alessandro VI a Giulia è solo ampliata per renderla funzionale, ma, in quelli che potrebbero sembrare i punti più grotteschi, è autentica.
Quel che concerne John Wycleff è tutto vero compresi i fondamenti della sua dottrina.

La lettera di Reginaldo da Piperno non è mai esistita, ma i contenuti sono veri.Per i luoghi e le situazioni ho cercato di attenermi alle testimonianze storiche. Il sito di Montecavo è ovviamente inventato. Sul Terebinto di Nerone è tutto vero, compreso lo scritto che trova Lucrezia (un’opera storica medievale sull’impero romano), tranne la storia della pianta (lì ho ipotizzato e lavorato di fantasia).

Nelle visioni di Lucrezia e di Alessandro VI ci sono fatti reali che, negli anni seguenti la fine di questa storia, cioè dopo il 1497,  sono realmente avvenuti nei particolari descritti (compreso il surreale banchetto in cui si trova il Papa). Lo stesso dicasi dei ricordi di Lucrezia in introduzione alla Parte Quarta.

Per quanto riguarda l’affresco del Pinturicchio sulla disputa di Santa Caterina d’Alessandria con l’Imperatore, gli storici moderni hanno appurato che si doveva trattare di Massimino e non Massenzio come riportato sulla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze alla fine del 1200. Ho ritenuto però di mantenere il riferimento a Massenzio poiché quest’opera agiografica fu un punto di riferimento storico fino al 1600.

C’è da tenere presente che San Pietro era diversa da quella odierna (la cupola e la piazza verranno fatte dopo), che eravamo prima della riforma gregoriana, pertanto l’anno solare combaciava con quello liturgico (capodanno era il 26 dicembre)… etc. etc.

E questo è solo il grosso.  Per tutte le altre cose, ci si può divertire a cercare.

Chi si aspetta qualcosa di serioso avrà una delusione: i personaggi si trovano coinvolti in qualcosa di grosso e cercano delle risposte per svelarla. Le loro strade li portano in una impensabile avventura.

Il racconto è strutturato in quattro parti e copre un periodo di quattro anni (dal 1494 al 1497). All’inizio di ognuna delle prime tre parti, c’è un richiamo ad un evento passato significativo per la vicenda, mentre, all’inizio della quarta parte, c’è un episodio futuro. Quest’ultimo è un’analisi a posteriori e fa anche dei piccoli riferimenti a quanto si andrà a leggere. Forse lascia intravedere delle anticipazioni sulla fine della vicenda, senza comunque svelare nulla.
Ognuno di questi richiami (tranne ovviamente il primo) si riallaccia, in qualche modo, alla conclusione della Parte precedente. Ad esempio, la fine della Prima Parte è al porto di Marsiglia nel 1494 e l’inizio della Seconda Parte è sempre al porto di Marsiglia, ma nel 1312.

Quello che mi resta è la montagna di fonti documentali, il gioco ossessivo di immedesimazione nello spirito dell’epoca e dei protagonisti, ed il piacere di averci lavorato sentendomi “dentro”.