Star Wars: arroganza umana e preoccupanti problemi di ecologia cosmica.

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“Tanto tempo fa, in una galassia lontana…” è un incipit che non basta come scusante, anzi, non fa che rendere la situazione più grottesca.

La vita nell’universo c’è ed è innegabile che si sia sviluppata in svariati modi plasmandosi sui substrati che può aver trovato. Ne abbiamo l’esempio sulla Terra con i milioni di specie animali e vegetali. Qui la razza umana ne ha preso il controllo e si è eletta a specie principale, senziente, forte. Le altre specie sono considerate inferiori (ed anche certe etnie umane, definite addirittura “razze”); i vegetali sono tuttalpiù un ornamento, gradevole o fastidioso a seconda dei casi e dell’umore.

Ecco: nella creazione del fantastico scenario di Star Wars, George Lucas di così fantastico non ha messo niente se non l’arroganza umana del bambinone occidentale. A onor del vero, quando è uscito il primo film (episodio IV) lo aveva detto: “Star Wars è stato fatto per il bambino che c’è in ogni uomo e per l’uomo che c’è in ogni bambino (non ha nominato le donne, non ve la prendete amiche), un western spaziale”.

Okay. E sarà per questa entusiastica ingenuità che è raro trovare in uno dei tanti esseri viventi della sua galassia lontana una configurazione non umanoide. Quello su cui si è divertito a giocare sono le dimensioni, ma neanche tanto, e l’aspetto delle teste (ad esempio i peperoni che suonano quel piacevole pezzo nella bettola, sempre in Episodio IV); a volte ci sono degli ammennicoli fisici, dei fronzoli, delle strane escrescenze o altro che fanno letteralmente a cazzotti con la supposizione di un adattamento all’ambiente del suo pianeta nella millenaria evoluzione di un primigenio organismo alieno, per non parlare dell’assurda possibilità di alcune loro peculiarità come , in Episodio I, quella specie di bombolotto nasuto per il quale lavorava il piccolo Anakin, con due alucce sottodimensionate che, anche muovendosi lentamente, lo mantenevano in volo a mezz’aria.

(Se avete delle figlie piccole che si travestono da fate mettendo due alucce come quelle, non fateglielo mai vedere o correte il rischio che pensino di poter volare anche loro così.)

Tutti  questi esseri utilizzano utensili, mezzi, accessori, abbigliamento (spesso scomodo o inutile) fatti su misura per la specie umana. Probabilmente, nella galassia i mercatini dell’usato vanno molto.

I cavalieri Jedi sarebbero quegli esseri viventi nei quali scorre potente “la Forza”. Ma può essere che anche loro siano solo ed esclusivamente umanoidi? Nell’universo i  concetti di “grande” e “piccolo” sono totalmente privi di senso. Possibile che “la Forza” non scorra tra i lombrichiformi del pianeta Kukù  o nelle gigantesche masse gelatinose senzienti che ricoprono Sblosh? Ed è mai possibile che l’arma d’ordinanza dei Jedi sia la spada laser, pensata, progettata e costruita su misura umana?

Il povero maestro Joda  (che ricorda quei characters caricaturali dei “musi gialli” fatti dagli Americani in tempo di guerra) appare abbastanza ridicolo e poco credibile con la sua spadina di 20 cm. Senza parlare del suo modo di esprimersi che, oltretutto, essendo anche un telepate… E’ un po’ come quei cantanti inglesi che venivano in Italia (e poi ci restavano) negli anni ‘60/’70.

Nel “Secondo Diario Minimo” di Umberto Eco, è contenuto il breve racconto “Stelle e Stellette” del 1976. Ne consiglio la lettura perché Eco lo ha scritto come parodia della mentalità militare in uno scenario intergalattico, ma calza a perfezione anche con il nostro tema.

E’ mai possibile che l’universo sia a misura d’uomo, o meglio, di americano? Sì, perché a differenza di Star Trek dove fin dall’inizio (e parliamo degli anni ’60) si era voluto vedere un futuro in cui i terrestri erano rappresentati da tutte le etnie senza più neanche l’idea della regione di appartenenza, qui tutti gli umani sono rigorosamente “100% USA”.

E questo probabilmente spiega il secondo grande problema: quello ecologico.

Che sia l’Impero, la Repubblica o l’Organizzazione dei Commercianti, la necessità di risorse è abnorme. Non voglio nemmeno andare ad indagare sulle risorse alimentari, visto che si tratta di un film e, si sa, il cibo (a meno che non sia un film di denuncia sociale) fa solo perdere tempo a discapito dell’azione.

Le risorse di cui parlo sono minerarie, lavorative, energetiche. Solo per la costruzione degli incrociatori stellari occorrerebbe tanto di quel materiale da prosciugare interi mondi. Senza contare che il reperimento delle materie prime avverrebbe ad anni luce di distanza, con tutte le problematiche dei trasporti, delle fabbriche, della manodopera…

Significa l’annientamento di pianeti e di tutte le specie viventi che vi abitassero: un genocidio dopo l’altro. Significa ricavare energia spegnendo stelle, sparpagliando radioattività, rompendo equilibri gravitazionali, che al confronto il disboscamento per la costruzione della Transamazzonica equivale a buttare un barattolo nella raccolta dell’organico.

In ultimo c’è ancora un piccolo particolare: chi paga? Con che economia si tiene su questo carrozzone galattico? A parte lo spread tra i bund della Repubblica e quelli dell’Impero, che cosa usano tutti per pagare qualsiasi cosa in questo casino universale?

Almeno, nei western c’era il dollaro.

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